DI COSA MI OCCUPO
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Mi sono imbattuta non per caso nella lettura di questo testo, originale e insolito, a tratti poetico e sapienziale ma anche esperienziale ed ironico, carico di vibrazioni profonde. Un testo che già dalle prime righe avvicina all’anima universale dell’autrice, una donna generosa e vitale che con coraggio ha saputo intravedere una via possibile per ognuno alla Felicità e, attraverso il testo, comunicare ai suoi potenziali lettori che nulla nella vita è come sembra e che tutto può cambiare se si accoglie anche il dolore e lo si fa diventare terreno di coltura per l’amore.
Un testo quindi che invita alla trasformazione di sé stessi e alla gratitudine ma non a partire dal nulla, bensì dalle radici profonde che ci legano agli avi, anche ai più lontani e sconosciuti che però hanno significato e inciso nella storia genealogica di ognuno, a nostra insaputa. Si tratta evidentemente di una indagine sull’invisibile che però è tangibile nelle nostre vite, sul non detto, sul non visto, sul non considerato, sul non contemplato e nella presentazione di almeno una possibilità, se si vuole, per continuare l’opera ininterrotta della Vita.
È ciò che l’autrice chiama sacro femminile, come una forza, un movimento ininterrotto che agisce dentro di noi e ci guida ad essere noi stesse e noi stessi, senza paura, disobbedendo a volte ad ordini impartiti inconsciamente da chi è rimasto indietro, imprigionato nel caos. Incanta il metodo maieutico con cui l’autrice offre in rassegna una serie di esperienze ed incontri a partire da sé, cioè a cominciare dalla messa in gioco di sé, senza cedere mai né ad autoreferenzialità. Incanta la capacità di tenere insieme, mantenendo la distinzione, di un piano immaginale e simbolico dal piano storico e di realtà e tuttavia facendo continuamente dialogare ed arricchire ogni direzione del discorso che costruisce come un work in progress, invitando implicitamente il lettore a rileggere la propria esistenza, alla luce di questa via.
Mi riferisco, in particolare, alla dimensione che può abbracciare ogni uomo, ogni donna, oltre e al di là di ogni ideologia, o idea stereotipata, ove sappia soltanto riconoscere la via della riconciliazione con la propria madre o l’immagine della propria madre all’interno di sé, implicata con il profondo sé. È evidente che ognuno di noi si è nutrito, sin dalla nascita, dell’ambiente d’amore che ha percepito e delle relazioni che ha visto inscenare intorno a sé, prendere forma e carne. Ma tanto dei vissuti e rituali dei nostri cari ci sono profondamente ignoti. Sara Verderi deliziosa autrice di questo libro quasi viatico, indica la possibilità di mettere a fuoco, capitalizzare il proprio femminile e maschile, a partire da una sorta di presa di coscienza, di risveglio della grande madre, di quel tempo mitico, primordiale in cui natura e cultura non confliggevano. Così l’autrice sembra voler suggerire alle donne e agli uomini di oggi di osare, di innamorarsi, sbagliare, osare di nuovo, pur di non rinunziare a quel tempo magico, ricco di preziosa bellezza che, prima dell’avvio del tempo antico e moderno, reggeva ogni dicotomia in un flusso vitale ininterrotto, senza la conflittualità irriducibile tra i due poli che conosciamo oggi.
Con esempi concreti, a partire da storie anonime ma reali, l’autrice sembra assicurare a tutti la persistenza di una possibilità di trasformazione, che è generativa se autentica, in un ordine di autorevolezza e interdipendenza che recupera le differenze, non le annulla e valorizza la libertà, come possibilità di scelta. Anche amare in fondo è una scelta, quando si diventa adulti, una scelta costellata di ostacoli, scoraggiamenti, disincanti, errori, approssimazioni ma l’unica scelta veramente umana da non confondersi mai con l’opportunismo o la mediocrità di chi non vuol rischiare.
In questo senso mi sembra che il Sacro femminile nelle costellazioni femminili descrivano un percorso iniziatico di riappropriazione, per nulla ideologico, di una radice profondamente umana e femminile, rintracciabile nella vita di ognuno, una memoria ancestrale, quasi un dono spirituale di un’era incorrotta, che rinasce in chi sa ascoltare e rispondere alla Vita e alla sua infinita Bellezza. S’intravede la questione del potere ma non in chiave colonizzatrice, piuttosto come condizione di una integrazione e comprensione reciproca tra i sessi che non possono mai fondersi e perciò sono destinati ad una continua dialettica.
È un po’ una specie di benedizione che la lettura di questo libro consegna a chi lo legge a cuore aperto, accogliere le molte partì di sé, anche ferite, che teniamo nascoste per essere curate, infine guarite. Un atto di coraggio che dobbiamo interiorizzare, corrispondere e incoraggiare se vogliamo rinascere dall’alto e dalla luce.